In una campagna di email marketing, bisogna tener conto di numerosi eventi: le aperture indicano interesse, i clic segnalano coinvolgimento, le conversioni confermano l’efficacia del messaggio.

Nel B2B, questa lettura assume un significato ancor più concreto. Le campagne email servono a mantenere una relazione, a stimolare una decisione o a confermare la coerenza di una proposta. Inviare un messaggio nel momento sbagliato, con un oggetto poco chiaro o a un contatto inattivo, rischia di compromettere il dialogo.

Una strategia efficace parte sicuramente da obiettivi ben definiti. Ogni email inviata ha una funzione specifica: accogliere, informare, sollecitare, confermare. Ogni funzione, d’altra parte, richiede un parametro di controllo, un dato che permetta di capire se la sequenza sta producendo il risultato previsto. I KPI nascono così, dalla necessità di trasformare le azioni in informazioni utili.

Cosa si intende per KPI nel DEM

Il termine KPI indica un indicatore oggettivo, tracciabile e rilevante. Non tutti i numeri sono utili, e non tutti vanno analizzati nello stesso modo. Una campagna può ottenere un buon tasso di apertura, ma uno scarso numero di clic, oppure un CTR elevato ma poche richieste di contatto. I dati vanno sempre letti nel contesto in cui vengono generati.

I principali KPI nel DEM sono quattro:

  • Open rate: mostra la percentuale di destinatari che hanno aperto l’email. Serve a capire se l’oggetto e il nome del mittente funzionano.
  • Click-through rate (CTR): misura quanti utenti, dopo aver aperto l’email, hanno cliccato su uno o più link. Rende evidente la qualità della proposta.
  • Bounce rate: segnala le email che non sono state recapitate. Distinguere tra hard e soft bounce aiuta a intervenire in modo mirato sulla lista.
  • Conversion rate: indica la percentuale di utenti che hanno compiuto l’azione desiderata, come scaricare un documento, prenotare una call, compilare un form.

A questi si possono affiancare altri indicatori, come il tasso di disiscrizione o il tempo medio di lettura. Tuttavia, i quattro sopra citati restano i più usati per valutare in modo sintetico l’andamento di una campagna.

 

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L’importanza dei test A/B

Una delle tecniche più efficaci per capire cosa funziona davvero è il test A/B. Si prepara una doppia versione della stessa email e si invia a un campione equamente suddiviso. Le variazioni possono riguardare l’oggetto, la CTA, il corpo del testo, l’immagine, il layout. Anche una differenza minima può generare effetti misurabili.

In una campagna per promuovere un servizio di consulenza, ad esempio, un’azienda ha testato due CTA diverse: “Prenota una call” e “Fissa il tuo appuntamento”. La seconda ha ottenuto un CTR superiore del 12%. Questo dato ha portato a riscrivere anche le CTA delle email successive, migliorando l’efficacia dell’intero funnel.

I software che facilitano l’analisi

Le principali piattaforme di email marketing mettono a disposizione dashboard chiare per la lettura dei KPI. Mailchimp, Brevo, GetResponse e HubSpot offrono funzioni avanzate per il tracciamento e per l’integrazione con CRM esterni. Alcune consentono di visualizzare l’andamento storico dei singoli contatti, così da monitorare il livello di interazione nel tempo.

Chi desidera una visione ancora più dettagliata può collegare i dati email a strumenti come Google Analytics, per vedere cosa accade dopo il clic. Il comportamento sulla landing page, il tempo medio di permanenza, il percorso di navigazione: sono tutti dati che completano il quadro e permettono di valutare l’efficacia complessiva della campagna.

L’integrazione tra i dati email e il CRM consente inoltre di misurare il tasso di conversione reale, cioè il numero di lead che si trasformano in clienti. In questo modo, si costruisce una metrica concreta per valutare il ritorno dell’investimento.

Il legame tra KPI e vendite

Nel marketing B2B, l’obiettivo è creare un contatto, stimolare un interesse, condurre a una decisione. I KPI servono a capire se la comunicazione sta favorendo questo passaggio.

Un’azienda che invia email mensili a una lista di referenti tecnici può osservare quali argomenti generano più interazioni, quali link portano più visite, quali CTA producono più richieste. Questi dati vengono poi utilizzati per pianificare le azioni del team commerciale.

Chi lavora con continuità riesce a prevedere quali contenuti funzionano meglio in certi periodi, con certi settori, con certi ruoli aziendali.

L’analisi come strumento per scegliere meglio i contenuti

Nel B2B, i contenuti servono a trasmettere fiducia. Chi legge un’email tecnica si aspetta precisione. Chi apre una comunicazione commerciale cerca concretezza. Osservare il comportamento degli utenti aiuta a capire cosa interessa davvero e come strutturare il messaggio per ottenere risposta.

Molte aziende costruiscono rubriche ricorrenti basate proprio sui dati. Un esempio frequente è la creazione di newsletter verticali per settore, che contengono solo aggiornamenti rilevanti per un determinato ambito. In questo modo, il tasso di apertura si mantiene stabile e la percezione di valore resta alta. I KPI, in questo contesto, servono a confermare o correggere la direzione intrapresa.

Segmentazione e personalizzazione come leve operative

Un messaggio generico, solitamente, si perde, mentre uno personalizzato ha maggiori probabilità di essere letto.

Questo principio guida la segmentazione. Dividere il database in gruppi omogenei permette di scrivere in modo più mirato, di scegliere contenuti rilevanti, di definire call to action coerenti con l’interesse dell’utente.

La segmentazione può essere fatta in base a numerosi criteri: settore di appartenenza, funzione aziendale, area geografica, tipo di relazione già avviata con l’azienda. Anche il livello di interazione registrato nei mesi precedenti può essere un criterio utile. Una persona che ha cliccato su tre email negli ultimi trenta giorni riceverà un messaggio diverso rispetto a chi non interagisce da mesi.

La personalizzazione del contenuto migliora tutti i KPI principali. Oggetti che contengono il nome del destinatario ottengono più aperture. Testi che fanno riferimento a bisogni specifici portano più clic. CTA realizzate in base alla fase del funnel favoriscono la conversione.

Il dato conferma ciò che la comunicazione già intuisce: parlare a tutti equivale a non dire nulla.

Come misurare il ritorno sul tempo investito

Una campagna efficace si valuta in termini di coerenza tra risorse impiegate e risultati ottenuti. Scrivere, segmentare, testare e analizzare richiede tempo. I KPI aiutano a stabilire se questo tempo è stato ben speso. Se un invio produce un tasso di conversione dell’8% su una lista di 300 contatti attivi, significa che 24 persone hanno compiuto l’azione desiderata. In un contesto B2B, questo risultato può giustificare settimane di preparazione.

Misurare il ritorno significa valutare la qualità del traffico generato, la durata delle relazioni attivate, il tipo di interlocutore raggiunto. Un’apertura da parte del referente giusto vale più di cento clic da contatti generici. Il KPI serve anche a questo: a riconoscere il valore qualitativo del tempo speso in una determinata campagna.

La giusta dose di automazione e ascolto

L’email marketing moderno si basa sull’automazione; strumenti come workflow, regole di attivazione, segmentazione dinamica e test programmati permettono di gestire centinaia di messaggi in modo efficiente. Tuttavia, questa automazione va sempre bilanciata con un ascolto attivo dei dati.

I KPI servono a sapere se il flusso automatico funziona come previsto. Un workflow che prevede tre messaggi di nurturing, seguiti da una proposta commerciale, deve produrre determinati segnali. In caso contrario, qualcosa va rivisto.

Osservare le risposte ai diversi step consente di capire se serve accorciare il percorso, cambiare i contenuti o diversificare i tempi.

QLe aziende che imparano a leggere i KPI come indicatori di relazione – e non solo come numeri isolati – riescono a mantenere la coerenza comunicativa anche in campagne complesse.

La metrica giusta per ogni fase del funnel

Ogni fase del funnel di vendita richiede una metrica specifica.

Nel flusso di un’automazione ben costruita, ogni fase del funnel richiede parametri specifici di valutazione. Durante l’acquisizione, l’attenzione si concentra sull’efficacia dell’apertura e sull’interesse generato dal contenuto, misurabile attraverso il tasso di clic. Nella fase di onboarding, la permanenza dell’utente nella sequenza rivela il grado di coinvolgimento iniziale, mentre l’attivazione si coglie attraverso le prime interazioni rilevanti. Quando si introducono proposte di upsell, diventa rilevante osservare la reazione a offerte personalizzate, segnale di disponibilità all’acquisto aggiuntivo. Infine, nel segmento post-vendita, i dati restituiscono informazioni utili sul livello di soddisfazione e sull’orientamento alla fidelizzazione, elementi chiave per mantenere una relazione stabile nel tempo.

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